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AiopMagazine n° 1 -  2019
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AiopMagazine n° 1 - 2019

Il futuro è una scelta e non una fatalità

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editoriale - di Barbara Cittadini

Il 23 dicembre del 2018, il Servizio Sanitario Nazionale ha compiuto 40 anni. Una ricorrenza che non ha, semplicemente, una valenza simbolica, ma che deve rammentare a tutti la scelta di civiltà che il Paese ha compiuto nel 1978 e che, ancora oggi, rappresenta un bene di inestimabile valore, che va preservato e custodito. Una scelta che ha reso concreto e reale il principio universalistico e solidaristico dell’assistenza sanitaria: non solo un fattore di progresso e cultura illuminata ma, anche, qualcosa che non tutti gli Stati hanno e che, quindi, distingue in positivo l’Italia.
In questi quattro decenni sono mutate, profondamente e radicalmente, molte realtà, così come i nostri bisogni, il nostro modo di produrre ricchezza e benes­sere e sono, anche, aumentate alcune fragilità della nostra società (l’invecchia­mento della popolazione, le condizioni generali e particolari di vita) – cfr. figura 1 – in relazione, soprattutto, alla crisi economica che ha, fortemente, destabiliz­zato il nostro Paese.
Per una parte significativa di questi quattro decenni, AIOP ha messo a disposizione degli italiani un’occasione annuale di riflessione sull’andamento del sistema ospedaliero italiano. Questa circostanza deve essere per noi motivo di orgoglio e soddisfazione.
Dal 2003, infatti, AIOP ha promosso un Rapporto, che ha raggiunto la 16a edizione e la cui pubblicazione è diventata un appuntamento fisso.
È importante rilevare i tre motivi che hanno ispirato questa iniziativa:
• adottare una doppia ottica di analisi: prima di tutto quella dedicata ai cittadini e agli utenti, che dovrebbero rappresentare il target di riferimento del SSN, poi quella riservata alla “macchina” ospedaliera e alle relative necessità di una sua evoluzione/trasformazione;
• ribadire il principio che il SSN ha una componente di diritto pubblico e una di diritto privato, così come previsto dalla normativa, e che la componente di diritto privato ha un ruolo importante nell’ambito del sistema: i numeri ci dicono che la componente privata accreditata garantisce al sistema il 28,4% delle giornate di degenza, il 26,5% della produzione di prestazioni, a fronte di un’incidenza sulla spesa ospedaliera pubblica complessiva del 13,5% (cfr. figura 2);
• scegliere di mettere a disposizione uno strumento (il Rapporto, appunto) che consentisse agli italiani di conoscere e comprendere il loro SSN, partendo dall’analisi dell’insieme delle strutture di ricovero esistenti, effettuata in una logica di terzietà, in considerazione che lo studio è predisposto da parte di un soggetto terzo, Ermeneia – Studi & Strategie di Sistema.
Seguire, annualmente, l’evoluzione del SSN, concentrando l’attenzione sul sistema ospedaliero, ha significato e significa, infatti, anche prendere atto delle difficoltà e delle criticità che esistono: problemi che chi ha la responsabilità della programmazione sanitaria deve analizzare, studiare e gestire.
La presentazione del Rapporto 2018 è, quindi, un’opportunità per rilevare, anche, le criticità del SSN ma, altresì, le soluzioni che potrebbero consentire di addivenire ad una loro risoluzione.
In primo luogo, il SSN, nel suo complesso, registra, da troppo tempo, una tendenza ad un definanziamento costante ed ingravescente in rapporto al Pro­dotto Interno Lordo (cfr. figure 3 e 4).
Oggi l’impegno finanziario si attesta sulla soglia del 6,6% del PIL: in questo modo, è a rischio la capacità di garantire prestazioni adeguate, coerenti con il progresso scientifico e con le esigenze della popolazione. 
A questo proposito, è necessario fare attenzione. Siamo di fronte ad una du­plice diminuzione: si è ridotto il PIL ed è diminuita la quota di impegno finan­ziario in favore del SSN. 
È evidente che non è questo il SSN che era stato immaginato dal Legislatore, di cui il Paese ha necessità e del quale i cittadini hanno bisogno. Anche perché, nonostante i “sintomi” di un Sistema che non riesce a dare una risposta compiuta ai cittadini, esistono, anche, fulgidi esempi che indicano alcuni livelli d’eccellenza, dello stesso, in molti ambiti.
Oltre all’esiguità dei fondi destinati al SSN rispetto al PIL, occorre rilevare l’adozione di scelte di politica sanitaria che non consentono di investire nell’ambito dell’innovazione, garantendo uno sviluppo del settore; presupposti indispensabili, perché il nostro Sistema mantenga quei livelli di qualità, che l’hanno sempre caratterizzato. 
In secondo luogo, va considerato il progressivo logoramento dei servizi ga­rantiti dalla componente pubblica che, sovente, presenta fenomeni di riduzione quantitativa e di indebolimento qualitativo delle prestazioni; fenomeni che por­tano non solo disagi ai pazienti e alle loro famiglie ma, anche, dei rimandi o delle rinunce alle cure, come pure il ricorso, in costante crescita, all’out-of-pocket o alla mobilità sanitaria extraregionale. 
Al riguardo, occorre precisare come il ripristino della libertà di scelta del luogo di cura per tutte le patologie e in tutte le regioni significherebbe, anche, innescare un meccanismo virtuoso che, se correlato ad una reale e generale ap­plicazione del pagamento a prestazione nel finanziamento di tutti gli erogatori pubblici e privati, potrebbe incentivare l’investimento, la competizione virtuosa e lo sviluppo di centri e di reti di eccellenza, contribuendo, in modo determi­nante, a mantenere il nostro SSN equiparabile con i migliori sistemi di welfare sanitario in Europa.
Per comprendere meglio quanto sta accadendo è molto utile l’analisi effet­tuata ultimamente dall’Istat, che è confermata dai dati della Parte terza del presente Rapporto: la rinuncia a visite o accertamenti specialistici per problemi di liste di attesa, riguarda circa 2 milioni di persone, mentre sono oltre 4 milioni le persone che vi rinunciano per motivi economici.
In terzo luogo, non si può non registrare l’evidente differenziazione dell’of­ferta, con riferimento ai territori e all’interno di essi, nei quali convivono, contestualmente, debolezze ed eccellenze, non sempre ben percepibili se si guarda solo ai valori statistici medi. 
La sintesi più evidente di queste criticità è il profilarsi di diseguaglianze so­ciali sempre più gravi e inaccettabili, che si traducono in fenomeni evidenti e che quest’anno il Rapporto, fedele all’impostazione originaria ricordata prima, ha esaminato iniziando da due sintomi di “tensione” dal lato dei cittadini e degli utenti.
Il primo è quello delle liste di attesa, fenomeno che ha interessato una o più volte, durante gli ultimi dodici mesi, quasi 4 persone adulte su 10. 
Rispetto a tale criticità, è improcrastinabile l’esigenza di aumentare l’offerta di servizi erogati per ovviare al problema delle liste di attesa, consentendo ai cittadini di operare la libertà di scelta del luogo di cura e implementare l’eroga­zione dei nuovi Livelli essenziali di assistenza. Il governo deve assumere consapevolezza che va rimosso il tetto imposto dal DL 95 del 2012, anche per consentire il rinnovo dei contratti nazionali per quei lavoratori che operano nella componente di diritto privato del SSN, per garantire un Servizio che sia all’altezza delle aspettative di un Paese moderno e civile.
Il secondo è rappresentato dagli accessi al Pronto Soccorso, che hanno coin­volto quasi 1/3 della popolazione adulta. Si tratta di due esperienze-chiave, che possono generare gravi problemi di tenuta di sistema, causando ansie, fatica, insoddisfazione e comportamenti adattivi (come quelli di utilizzo del Pronto Soccorso come soluzione alternativa).
Il nostro Rapporto individua e analizza entrambi i fenomeni, attraverso tre indagini apposite, rispettivamente su un campione di popolazione nel suo in­sieme, su un sotto-campione che abbia avuto effettivamente una o più esperienze di liste di attesa e/o di Pronto Soccorso e su un campione specifico di care-giver. Il Rapporto 2018 ha preso, però, in considerazione, anche, il sistema dell’offerta analizzato sotto due profili: quello degli indicatori relativi alle prestazioni erogate che mostrano – e non da oggi – un miglioramento medio malgrado tutto, pur con tutte le differenze interne ai territori delle quali si è accennato, e quello del monitoraggio dell’efficienza delle Aziende Ospedaliere pubbliche, attuato attraverso l’esame ed il confronto pluriennale della coerenza tra le voci dei Conti Economici delle Aziende stesse.
Le conclusioni dell’analisi effettuata non possono che riportare l’attenzione ai principi ispiratori del Servizio Sanitario Nazionale. Principi che la nostra As­sociazione ha da sempre condiviso: l’universalismo, il solidarismo e la presenza di un sistema misto pubblico-privato che ha reso il nostro Servizio sanitario un modello di riferimento per tanti Paesi. 
Il SSN è una risorsa preziosa per il Paese che rischia di essere smarrita. 
È indispensabile che tutti coloro che hanno responsabilità di sistema ne assu­mano piena consapevolezza: Governo, Regioni e operatori a tutti i livelli. Sono necessari un rinnovato impegno finanziario e una maggiore condivisione d’in­tenti fra la componente di diritto privato e quella di diritto pubblico del SSN, che dovrebbero lavorare insieme in maniera più sinergica. 
Le imprese ospedaliere di diritto privato accreditato sono consapevoli della responsabilità che hanno nel loro ruolo di componente del Servizio sanitario e del suo significato. Lavoriamo – pubblico e privato – ad un obiettivo comune che è quello di assicurare un’assistenza sanitaria in termini universalistici, efficiente ed efficace. 
La presenza in Italia, infatti, di una grande rete di aziende ospedaliere di di­ritto privato è una opportunità rilevante per il SSN, un prezioso strumento per erogare prestazioni di qualità, una riserva di operatività e di flessibilità a servizio di tutto il sistema. Le nostre strutture sanitarie si avvalgono della professionalità di 12mila medici, 26mila infermieri e tecnici e di oltre 32mila operatori socio-sanitari, impegnando meno del 7% delle risorse che il Servizio Sanitario Nazionale assegna all’attività ospedaliera e con indicatori di perfor­mance sovrapponibili a quelli delle strutture pubbliche.
Ma, anche tenendo conto di tutto questo, senza l’adozione di politiche sani­tarie adeguate, la rete AIOP da sola – così come tutto il resto degli altri operatori privati – non è in grado di garantire l’universalità delle prestazioni. Possiamo, però, con la nostra capacità e la nostra flessibilità, contribuire affinché il SSN torni ad essere davvero universalistico.
Non possiamo, tuttavia, non registrare fenomeni di tensione che esistono e che trovano serie difficoltà, per esempio, nel procedere alle ristrutturazioni e alle riorganizzazioni necessarie degli ospedali pubblici. 
Questi si sono, sovente, concentrati sulla gestione economica, trascurando la quantità e la qualità dei servizi offerti ai cittadini, come è avvenuto, in partico­lare, ma non solo, nelle Regioni sottoposte a Piani di Rientro, che hanno finito con l’occuparsi del contenimento della spesa, ma non della riqualificazione di prestazioni e servizi. Sono state infatti, maggiormente impoverite, dal punto di vista dell’offerta sanitaria, quelle Regioni che, in ragione di misure straordinarie, hanno proceduto ad una forte deospedalizzazione (cfr. figura 5), senza tener conto degli effetti che questa scelta avrebbe determinato, puntando sulla medicina del territorio che non è mai, di fatto, stata implementata. Tutto questo ha lasciato i pazienti senza risposta dalle strutture ospedaliere che sono state, drasticamente, ridimensionate. Peraltro, nelle Regioni dove, invece, l’assistenza territoriale funziona si è compreso che questa svolge una nobile funzione che, però, non è assimilabile a quella degli ospedali: le due realtà non sono fungibili. Le Regioni in Piano di rientro e/o commissariate hanno, inoltre, assistito ad un incremento della mobilità sanitaria passiva (cfr. figura 6), non solo perché la loro offerta sconta delle differenze qualitative con quelle delle Regioni non in Piano di rientro, ma perché gli ospedali, per rispondere alle esigenze di razionalizzazione della spesa, sono stati ridimensionati e i cittadini per trovare una ri­sposta ai loro bisogni assistenziali, se possono, si recano in altre Regioni, o fanno fronte alle loro esigenze con risorse proprie o rinunciano alle cure, con costi so­ciali che nel medio lungo periodo peseranno sul Paese.
La realtà dei fatti, della quale non possiamo non prendere atto – e che tanto bene è descritta proprio dal Rapporto – deve indurci a recuperare i presupposti che hanno ispirato la nascita del Servizio Sanitario Nazionale, per custodirli, reinterpretandoli in una situazione, incontrovertibilmente, ma anche fisiologicamente, mutata rispetto a quattro decenni fa. 
A nostro avviso, il Sistema necessita di una manutenzione, che preveda di mettere a sistema le responsabilità e i riconoscimenti economici sia dell’ospedalità pubblica che di quella privata accreditata, e non solo perché lo prevede la legge ma, anche, perché è interesse oggettivo del Paese valorizzare entrambe le componenti delle quali occorre utilizzare e rendere efficienti le rispettive potenzialità.
Questo è quello che la popolazione chiede nel momento in cui, in quasi 9 casi su 10, viene evidenziato come le strutture private accreditate fanno parte del sistema ospedaliero e che la scelta del ricovero non dipende dalla natura giuridica della struttura ospedaliera, ma dalla sua capacità di fornire un Servizio sanitario adeguato, affidabile, serio, vicino alla persona. Quest’offerta è il prodotto della diversa capacità, dimostrata dalla componente privata del SSN, di reagire e adattarsi alla contrazione delle fonti di finanziamento e all’evoluzione dei modelli organizzativi. A differenza di quanto registrato nella componente pubblica, non ci si è, infatti, concentrati sulla contrazione dei costi, ma sulla razionalizzazione degli stessi, investendo sul cambiamento, efficientando l’offerta, rispondendo a requisiti e setting assistenziali nuovi, e continuando a capitalizzare in strutture, tecnologie, farmaci innovativi e formazione dei professionisti. 
Queste soluzioni, che hanno permesso di rispondere alle aspettative dei cittadini e di contribuire, quindi, anche ad una migliore performance del SSN, sono, evidentemente, state rese possibili della flessibilità che caratterizza questa componente della rete ospedaliera, dunque, conseguenza diretta del pluralismo che così rappresenta un valore per tutto il Paese. 
Si tratta, quindi, di soluzioni che, dalle strutture accreditate, potrebbero – e, anzi, dovrebbero – essere estese alle strutture pubbliche, in modo da contribuire ad aumentare l’efficienza dell’intero sistema, trasferendo indicatori di qualità ed attrattività che, nel tempo, divengono pratica comune e standard condiviso per tutti gli operatori. 
In altre parole, valorizzare entrambe le componenti consentirebbe di miglio­rare il livello complessivo del sistema, adottando soluzioni che siano realmente di pari trattamento, di pari valutazione dei risultati e di pari trasparenza della gestione.
Il quadro descritto dal Rapporto 2018 pone, quindi, tutti di fronte ad un’unica sfida che consiste nell’affrontare una domanda di sanità in crescita sotto il profilo quantitativo e che si diversifica sotto quello qualitativo. Si tratta di una situazione che deve responsabilizzare rispetto al dovere non solo di preservare il nostro SSN ma, anche, di creare i presupposti perché questo possa, realmente, continuare a garantire un’offerta efficiente, efficace, tempestiva e di qualità.
Se si dovesse addivenire all’amara consapevolezza che, in questi 40 anni, le condizioni di contesto sono, talmente, mutate da non consentire più al Paese di continuare a garantire questa straordinaria conquista, perché ha un costo insostenibile, vi è l’obbligo non solo politico, ma etico, di lavorare, senza ulteriori indugi e tentennamenti, ad una riforma di sistema strutturale, con tutti gli effetti non solo sanitari ma, anche, sociali e psicologici che ne deriverebbero sugli italiani. 
Scegliere di non scegliere è la peggiore condanna che si può infliggere ad un Paese che già registra gravi, evidenti ed eloquenti sintomi di un sistema che va, improcrastinabilmente, efficientato o, radicalmente, riformato in base ad un modello differente. 
Infine, prima di pensare alle modifiche strutturali, che richiedono tempo, nell’immediato, si potrebbe pensare ad efficientare il Sistema, incentivando al­cuni settori e/o prestazioni dei quali si avverte maggiore bisogno, in base al dato epidemiologico. E per questo, al fine di un reale efficientamento del Sistema, da tempo, Aiop propone di:
1) tornare a riprendere quel percorso di aziendalizzazione, intrapreso e mai completato, con il ritorno al pagamento a prestazione, anche per il comparto pubblico, che deve essere ricondotto con efficaci piani industriali all’equilibrio fra costi e ricavi in tempi certi e misurabili;
2) attivare un vero sistema premiale, che riconosca gli sforzi delle organizza­zioni e dei manager migliori, e che al contempo disincentivi, in modo netto, le gestioni disfunzionali o inefficaci;
3) inserire elementi crescenti di competizione virtuosa, tra erogatori con diversa natura giuridica all’interno di un unico percorso di accreditamento;
4) prevedere la terzietà dei controlli, per superare il conflitto di interessi di un erogatore pubblico che è, al contempo, controllore e controllato.
Il futuro è una scelta e non una fatalità. Speriamo, che per una volta, il Paese scelga di scegliere. Ignorare i problemi di oggi, infatti, significherebbe sprecare l’opportunità di poterli governare.
AIOP, come sempre, è disponibile ad un confronto virtuoso e sinergico per individuare, con chi è stato chiamato ad operare la programmazione sanitaria, la migliore soluzione possibile tenuto conto delle risorse necessarie ma, anche, di quelle disponibili e, soprattutto, delle non poche e irrilevanti mutazioni di contesto intervenute in questi quarant’anni. Una soluzione che – condividiamo tutti – deve avere come obiettivo un diritto che, ancora oggi, la nostra Costituzione tutela: la salute. 
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