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AiopMagazine n° 4 - aprile 2015
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AiopMagazine n° 4 - aprile 2015

Il passo del gambero

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In questo numero:

  • La sfida dei "DRG italiani"
  • La conferenza UEHP a Milano a settembre: 
    l’Europa richiede una sanità più moderna
  • Intervista a Enzo Paolini:
    Le quattro “R”per il diritto alla salute: 
    Reti, Regole, Risorse e Risultati

Il passo del gambero
Editoriale - di Gabriele Pelissero

Strana storia quella del Regolamento sugli standard ospedalieri. Previsto dalla legge n.311 del 2004, per garantire un efficientamento generale della rete ospedaliera italiana, ma solo otto anni dopo, con il decreto legge n.95 del 2012, abbiamo assistito al suo avvio. La prima bozza del 21 dicembre 2012 è stata partorita nel pieno del clima di spending review dei tagli lineari del sistema sanitario. Concordata con le Regioni solo il 5 agosto 2014, non supera un primo controllo del Consiglio di Stato (6/11/2014) e anche quello del mese successivo (23/1/2015) presenta così tanti rilievi formali che solo incomprensibili “ragion di Stato” ne consentono il via libera. Ma non é finita qui, perché occorreranno ancora due mesi per la firma del Ministro Lorenzin, e ai primi di aprile 2015 mancano ancora dei passaggi per la pubblicazione definitiva in Gazzetta Ufficiale.
Ma come mai questo parto così difficile? Forse perché é pesante per chiunque riconoscerne la paternità. Il provvedimento, seppur migliorato in alcune parti rispetto al testo originario, ne conserva le finalità di razionamento del sistema e una impostazione storicamente e scientificamente superata.
Sono tre le principali critiche sui contenuti del provvedimento e riguardano: il modello di programmazione proposto; il dimensionamento quantitativo della rete ospedaliera e l’utilizzo di standard qualitativi. Sul primo aspetto, l'impostazione del modello ricalca quello della cosiddetta legge Mariotti (legge n.132 del 1968), che già negli anni ’70 era stata criticata per la sua rigida visione “top–down”, in cui una struttura centrale definisce tutte le caratteristiche organizzative del sistema ospedaliero, da attuare meccanicisticamente in sede locale. Riguardo al secondo aspetto, il dimensionamento basato sui p.l. ha poco senso rispetto allo strumento più preciso rappresentato dai DRG. Anche l’obiettivo di 3 p.l. per mille abitanti (per acuti), é certamente sottodimensionato rispetto alla media dei Paesi UE simili all'Italia. Quando poi si associa a questo obiettivo quello del tasso di saturazione del 90%, si ipotizza, di fatto, il taglio di ulteriori p.l. in una rete che con ogni probabilità diventa insufficiente. Riguardo poi all’aspetto degli standard qualitativi, il modello proposto, di pochi grandi ospedali regionali, non é più un riferimento nei Paesi avanzati. Le reti ospedaliere oggi sono molto più articolate, e vengono perfino realizzate in molti Paesi piccole strutture di alta qualità ad assetto dipartimentale, con poche decine di p.l. e tecnologia d’avanguardia. D’altra parte, se l’obiettivo prefissato è quello della qualità, perché cercare di chiudere le strutture private sotto i 60 posti letto ed escludere gli ospedali pubblici delle stesse dimensioni? E se fosse stato quello dell’efficienza, perché escludere ancora le piccole strutture sanitarie pubbliche capaci di assorbire enormi costi fissi?
E’ possibile immaginare un nuovo approccio al tema della rete ospedaliera, con una impostazione funzionale basata sui volumi di prestazioni; con una autonomia organizzativa che responsabilizzi veramente tutti i gestori anche sul dimensionamento quali-quantitativo della rete di offerta. E’ ancora difficile immaginare la sorte soprattutto applicativa di questo provvedimento, improvvidamente utilizzato già da alcune Regioni - guarda caso - per penalizzare la rete ospedaliera privata accreditata. Ma é molto diffusa la sensazione che costringerà il nostro SSN al passo del gambero. E non ne avevamo bisogno.


 

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