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AiopMagazine n° 10 - ottobre 2013
Servizio sanitario nazionale: quale rotta?
EDITORIALE - di Gabriele Pelissero
Ormai da diversi mesi gli operatori del settore sanitario si chiedono dove stia andando il Ssn. Fece scalpore la dichiarazione pubblica di Monti, giusto un anno fa, sulla insostenibilità del Servizio, alla quale hanno fatto seguito ulteriori misure finanziarie restrittive da parte del Governo e audizioni parlamentari fiume delle commissioni appositamente costituite. Siamo un po' tutti alla ricerca dei segnali che ci aiutino a riconoscere la strada, le modalità del cammino e la destinazione immaginata dalla politica sanitaria del nostro Paese.
Se adottiamo come mappa di viaggio il recente “Documento di Economia e Finanza 2013” (Def 2013), presentato lo scorso 20 settembre dal Presidente Letta e dal Ministro Saccomanni, leggiamo una serie di propositi: la valorizzazione della prevenzione, in particolare, di tutti i comportamenti a rischio (sedentarietà, fumo, consumo di sostanze alcoliche, tossicodipendenze); la deospedalizzazione, per un maggiore trasferimento di risorse dall'ospedale al territorio, per far sì che l'ospedale sia sempre più il luogo di cura per acuti, a elevata specializzazione; la promozione della trasparenza, quale strumento per il potenziamento non solo della comunicazione con il cittadino ma anche del controllo della legalità; lo sviluppo dell'innovazione tecnologica, con la diffusione della sanità elettronica sul territorio nazionale.
Difficile, in linea di principio, essere in disaccordo, ma il sapore è più quello degli slogan che quello delle riforme. Poi alcuni richiedono notevoli investimenti di risorse, al momento difficilmente reperibili, mentre altri cadono nella retorica politica, come il principio della trasparenza, per realizzare il quale basterebbe rendere pubblici su internet i bilanci di ospedali e aziende, che sembrano costituire i segreti più nascosti del Paese. L’obiettivo della deospedalizzazione sembrerebbe il più semplice da raggiungere, ma è altissimo il rischio di distruggere ciò che c’è, ed è apprezzato dalla gente, in attesa di realizzare ciò che non c’è ancora. E poi quale deospedalizzazione?
Ma il passaggio più rivoluzionario è nell’affermazione che “questo nuovo modello di assistenza é finalizzato a garantire prestazioni non incondizionate, rivolte principalmente a chi ne ha effettivamente bisogno”. É il sistema sanitario selettivo, di cui parla esplicitamente il Def 2013, che metterebbe in crisi quel principio universalistico sognato e applicato per 35 anni con il Ssn.
La fragilità di questo sistema, inoltre, è dimostrata dall'esigenza dichiarata di una “regia nazionale quale essenziale condizione per mantenere l'unitarietà del Ssn” - e c’è il fondato sospetto che si tratti della regia del ministero dell'Economia e Finanze, piuttosto che di quella del ministero della Salute, che ha già fissato l’obiettivo di arrivare nel 2017 ad una spesa sanitaria del 6,7% del PIL, dal 7,1% del 2012.
Come imprenditori della sanità siamo ben lontani da una impostazione ideologica e una ipotesi di nuovo contesto normativo che favorisca lo sviluppo della sanità integrativa non ci spaventa. Non possiamo però non rilevare che l’istituzione del Servizio sanitario nazionale, con i suoi principi di universalismo, solidarismo e pluralismo - ha rappresentato la maggiore conquista del Paese degli ultimi 35 anni. Una conquista che ha portato l’Italia ad essere tra i primi Paesi al mondo per la qualità e universalità delle cure, dotata di un Servizio cui hanno guardato con ammirazione Paesi ben più industrializzati e dotati di risorse del nostro. Rinunciarvi è rischioso e richiederebbe una visione politica e una capacità gestionale di grande respiro che oggi facciamo fatica a intravvedere.