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Se la salute si piega alla finanza
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Se la salute si piega alla finanza

Il DdL Concorrenza: un’immagine plastica e precaria di una tensione irrisolta

Barbara Cittadini, Presidente Nazionale Aiop

Se la Pandemia fosse una favola di Esopo, la morale, con buona probabilità, sarebbe “Considerare la salute non più come costo, ma come investimento”.

Non si tratta di un semplice motto di spirito ma della sintesi di qualcosa di molto serio che avrebbe dovuto - e dovrebbe ancora - guidare il decisore politico a più lungimiranti decisioni; una frase, inoltre, che, più che una lezione da imparare, suona già come un refrain, purtroppo, abusato.

Perché ripetere, anche se con convinzione, che la salute va considerata come un investimento e non come un costo, non rende questa verità più vera quando le scelte adottate sono le determinazioni di osservatori che guardano al dito e non al futuro che si dovrebbe desiderare per un Paese moderno.

Un futuro nel quale siano fortemente presenti la tutela della salute pubblica, la qualità delle cure, il crescente fabbisogno delle stesse e non, invece, la natura giuridica di chi eroga le prestazioni, di chi risponde con puntualità a quella domanda di salute.

È, comunque, già nei termini delle equazioni “salute=investimento, salutecosto” che è contenuta la volontà, per ora dialettica, di invertire il meccanismo che, in tutti questi anni, ha determinato una azione di contenimento e di riduzione della spesa sanitaria, sacrificando sull’altare del concetto di “spesa aggredibile” la natura universalistica e solidale del Servizio Sanitario Nazionale.

L’immagine concreta di questa tensione irrisolta la restituisce il DdL Concorrenza, nel quale l’apparente inamovibilità rispetto al testo riformulato dal Governo - contro la quale, purtuttavia, continuo personalmente a battermi senza riserve - è sintomatica di questo fenomeno riscontrabile a livello politico-istituzionale.

L’articolo 16 del disegno di legge interviene tanto sulla disciplina dell’accreditamento, il titolo che ci rende componente del Servizio Sanitario Nazionale, quanto su quella della contrattualizzazione, ovvero, il titolo con il quale siamo in grado di erogare prestazioni sanitarie per conto del SSN.

Mutarne le coordinate, in un sistema finanziariamente bloccato nel quale i rinvii applicativi di accreditamento e contrattualizzazione sono legati alla programmazione e al DM 70, frammenterebbe ulteriormente i volumi di prestazioni erogati ed erogabili dalle singole realtà, quando, invece, le evidenze scientifiche e gli standard normativi orientano verso una sempre maggiore concentrazione delle prestazioni.

La revisione del DM70 ridisegnerà l’assetto dell’assistenza ospedaliera, con approcci ingegneristici che comprimeranno il pluralismo tra diversi erogatori, penalizzando, senza evidenze a supporto, molte strutture di diritto privato, sinora costrette a un ruolo integrativo in nome della tenuta del sistema e, improvvisamente, chiamate a dotarsi di requisiti operativi e strutturali ultronei e non coerenti con l’impalcatura-rete del SSN.

Il DdL Concorrenza, per contro, apre all’ingresso di nuove realtà e a una competizione in seno alla sola componente di diritto privato, in un “mercato” nel quale i budget complessivi non solo non sono rimessi in discussione, ma sono fermi alla spesa consuntivata del 2011.

Tutto questo in una compagine di per sé eterogenea all’interno della stessa componente di diritto privato, nella quale le strutture non dotate di pronto soccorso, rispetto ad esempio alle realtà che ne sono dotate, sperimenteranno, in maniera diversa, la ricaduta dei provvedimenti.

Ancora una volta, l’obiettivo perseguito - e, sovente, dichiarato - è il contenimento della spesa pubblica in sanità che, lo rammento, nonostante gli incrementi del Fondo sanitario nazionale, nel 2025 raggiungerà il valore del 6.2% in rapporto al PIL.

Questo è lo scenario che avremo davanti: la forzata coesistenza tra provvedimenti antitetici e contrastanti che, in ultima istanza, si ripercuoterà sul grado di assistenza e sulla qualità delle cure che il Servizio Sanitario Nazionale riuscirà ad assicurare ai pazienti.

Come ci ha autorevolmente confermato il Prof. Sabino Cassese, se si intende introdurre la concorrenza in una parte del mercato, senza tuttavia modificare la stratificazione degli assetti precedenti, occorre procedere con estrema cautela e adottando tutti gli accorgimenti necessari ad attenuare le tensioni che potrebbero prodursi tra Stato e Regioni, tra pubblico e privati, tra erogatori e regolatori, tra utenti e committenti, a causa delle contraddittorietà dei regimi giuridici”.

Le strutture di diritto privato, peraltro, per garantire l’erogazione di prestazioni che soddisfino i requisiti di qualità, sicurezza e appropriatezza che la stessa normativa richiede, devono organizzare la loro attività aziendale sulla base di una programmazione di medio e lungo periodo che assume un ruolo fondamentale nel processo di direzione aziendale.

Questa condizione, per quanto ovvia, riguarda tanto le risorse umane e la professionalità da loro acquisita, quanto quelle tecnologiche, che rappresentano elementi essenziali nell’erogazione delle prestazioni afferenti il “bene salute”.

In altri termini, rendere precaria la contrattualizzazione delle strutture di diritto privato, andrà, in ultima istanza, a discapito della qualità e della sicurezza dei servizi resi ai pazienti.

Ad avvertirne le conseguenze non sarà solo la piccola realtà ma il comparto intero, che Aiop rappresenta, poiché tutti dovremo fare i conti con l’imprevedibilità alla quale ci stanno consegnando.

Se la salute si piega alla finanza, continueremo a guardare il dito e non il futuro che dobbiamo costruire.

Un futuro che, si badi bene, non è solo orizzonte delle nostre strutture ma di tutto il Paese.

Se la salute si piega alla finanza, la morale nella nostra personale favola di Esopo rimarrà un agglomerato di parole straordinarie, ma vuote.

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