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Allungamento del periodo di comporto per i lavoratori disabili
Tribunale di Napoli Sezione Lavoro Sentenza n. 4247 del 29 maggio 2025.
Sonia Gallozzi, consulente giuslavorista Sede Nazionale
Con sentenza 4247/2025 del 29 maggio, il Tribunale di Napoli ha affrontato il caso di un dipendente di una agenzia di lavoro affetto da patologia oncologica – malattia non professionale - che lo aveva reso invalido civile al 85% e “lavoratore fragile” ai fini della normativa emergenziale durante la pandemia da Covid-19 (di qui la conoscibilità della sua condizione). Licenziato dopo una assenza per malattia di 364 giorni continuativi (il CCNL prevedeva 180 giorni nell’anno solare), questi impugnava il licenziamento assumendone la natura discriminatoria, denunciando la malafede del datore che aveva omesso di preavvertirlo e che non aveva adottato ragionevoli accomodamenti per bilanciare la condizione di disabilità.
Il Tribunale, con una interessante pronuncia, richiamando principi che si stanno via via consolidando, ha, in linea generale, confermato che l’applicazione ad un disabile della disciplina di cui al CCNL relativa al comporto (laddove non differenzi tra abile e disabile) costituisce discriminazione indiretta che opera oggettivamente, a prescindere dalla consapevolezza del datore, ciò in ragione della maggiore morbilità dei predetti.
Il Giudice, calando tuttavia tale principio al caso di specie, ha rilevato come non si ravvisasse un collegamento tra le assenze per malattia e la grave patologia di cui era affetto il ricorrente, tant’è che questi aveva “giustificato le assenze con certificazioni neutre, prive di ogni riferimento alla sua patologia oncologica cronica, neppure segnalando con barratura le caselle relative a “patologia grave che richiede terapia salvavita” ovvero a “stato patologico sotteso o connesso alla situazione di invalidità riconosciuta”, difettando dunque, in capo al datore di lavoro, la conoscenza della correlazione tra le assenze per malattia e la patologia del ricorrente”.
Ciò detto, il Tribunale ha ritenuto di respingere il ricorso poiché, in assenza di una disciplina ad hoc nel Ccnl, che distingua le assenze per malattia del disabile da quelle degli altri dipendenti, il datore può evitare la discriminazione adottando un accorgimento che – secondo il Giudice - è sufficiente a costituire un ragionevole accomodamento, ossia, intimare il licenziamento dopo un periodo di assenza per malattia più lungo rispetto al comporto contrattuale. Al riguardo, la sentenza ha richiamato la pronuncia della Suprema Corte 15282/2024 secondo cui, tra gli accomodamenti ragionevoli, “può ipotizzarsi un allungamento del periodo di comporto ex articolo 2110, comma 2, Codice civile o l’espunzione dal comporto di periodi di malattia connessi allo stato di disabilità ovvero altre misure da scegliere in relazione alla particolarità della fattispecie”.
All’uopo, il recente indirizzo giurisprudenziale, sopra citato, ha messo in luce un onere di attivazione in capo al datore di lavoro il quale, prima di licenziare in applicazione dell’ordinario periodo di comporto, deve “interpellare” il lavoratore e “chiedere chiarimenti” (v. anche Trib. Roma 3 dicembre 2024, n. 12377) e “acquisire informazioni” sulla possibile connessione tra assenze per malattia e l’eventuale stato di disabilità del proprio dipendente. In tal caso, il lavoratore non potrà adottare un “comportamento ostruzionistico” che impedirebbe il confronto necessario per la corretta gestione del rapporto di lavoro da parte del datore di lavoro.
La soluzione adottata dalla sentenza (che, come visto richiama anche giurisprudenza di legittimità) può dunque essere applicata nei casi in cui il Ccnl di categoria, tra cui il nostro, non adotti una disciplina specifica per il comporto dei disabili. Pertanto, in attesa di una disciplina specifica nel CCNL, ferma restando comunque la discrezionalità del Giudice in ordine alla validità nel caso specifico di tale criterio, si consiglia di espungere dal calcolo i certificati recanti la dicitura “stato patologico sotteso o connesso alla situazione di invalidità riconosciuta”, interpellando il lavoratore ove si abbiano dubbi sia sullo stato di invalidità che sulla connessione tra malattia e disabilità, che comunque deve essere debitamente certificata.